Far fuori gli avversari politici mettendoli dietro le sbarre non è certo il metodo migliore per gestire il potere ottenuto in maniera democratica. Eppure è quello che sta succedendo in Ucraina con il caso di Yulia Tymoshenko, ex primo ministro e leader dell’opposizione che è stata condannata a sette anni di galera per abuso di potere.
Al presidente Victor Yanukovich la dura sentenza serve anche per ottenere una piattaforma giuridica per tentare di ottenere la revisione dei contratti del 2009, obiettivamente svantaggiosi per il paese. Si spiega in questa maniera la reazione russa, con il Cremlino che sia durante il procedimento sia alla sua conclusione si è schierato a favore dell’imputata, sottolineando la validità degli accordi raggiunti tra l’eroina della rivoluzione arancione e Vladimir Putin due anni fa.
I rapporti tra Kiev e Mosca sono sempre passati attraverso le pipelines: è l’oro blu a unire o dividere, a seconda dei momenti. E i protagonisti di queste storie sono sempre gli stessi. In Ucraina Yulia Tymoshenko, ex principessa del gas che con il suo gruppo ha gestito per anni il traffico con la Russia e che prima è passata al ministero dell’Energia poi alla seggiola di premier; Dmitri Firtash, oligarca impegnato nell’energia e non solo, nemico giurato della bionda pasionaria; Yuri Boiko, attuale ministro dell’Energia, ex ceo a Naftogaz e uno dei suggeritori di Yanukovich, da anni schierato con l’ala conservatrice uscita dal blocco dell’ex presidente Leonid Kuchma cui appartengono gli altri magnati dell’industria ucraina, guidati da Rinat Akhmetov.
In Russia chi controlla Gazprom, cioè il Cremlino, è il vero gestore delle relazioni che toccano economia e politica: Putin impera. E se l’ormai scomparso Victor Chernomyrdin dopo essere stato per anni il numero uno di Gazprom era stato mandato a fare l’ambasciatore in Ucraina lo scorso decennio il motivo era chiaro. Politica e gas: gli intrecci al Cremlino sono come quelli alla Bankova e interpretarli non è sempre cosa semplice: ma è chiaro che il processo Tymoshenko si inserisce nel canovaccio dei duelli per il potere.
L’Europa in questa contesa fa da spettatrice: non ha danari per intraprendere un progetto consistente per la ristrutturazione del gas ucraino e rischia di lasciare via libera alla Russia che, avviato Nordstream, ha ora Southstream in progetto. Il sistema di trasporto ucraino va modernizzato e Gazprom vuole metterci sopra le mani, sul modello bielorusso (lo stesso dicasi per Naftogaz). Bruxelles si allarma per la Tymoshenko, ma non può permettersi di abbandonare i negoziati sull’accordo di associazione che dovrebbe essere firmato entro l’anno con Kiev.
L’errore europeo è stato quello di non capire che la rivoluzione del 2004 era un bluff. Gli ucraini l’anno capito da tempo, basta andare a guardarsi i sondaggi sul gradimento della Lady di ferro, peggiori di quelli di Yanukovich. Ora rischia di essere troppo tardi.
(Limes)
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